Dipendenza da oppiacei: quando il cinema racconta la droga

Come tutte le dipendenze, anche quella da oppiacei ha un impatto significativo sulla vita di chi ne fa uso. L’altra faccia della medaglia della sensazione di piacere e di euforia sono, infatti, la dipendenza e l’astinenza, in cui nulla ha più interesse se non gli effetti della droga e come procurarsela. Non riuscire più ad affrontare la vita quotidiana senza una dose, procurarsi i soldi per acquistarla, ignorare qualunque altra attività soddisfacente, trascurare la socialità, gli affetti e perfino il lavoro sono solo gli aspetti più evidenti di una tossicodipendenza. Ce lo racconta anche il cinema, attraverso le storie di uomini e donne smarriti in un labirinto buio, complesso e faticoso dal quale non tutti riescono a uscire. Ma la dipendenza da oppiacei è anche una malattia e l’organo colpito è il cervello.

Cos’è la dipendenza da oppiacei

Come tutte le dipendenze, è caratterizzata da alterazioni nel comportamento e nelle capacità cognitive, nonché da uno stato di salute sempre più precario. Secondo la decima revisione della Classificazione Internazionale delle Malattie (International Classification of Diseases, ICD-10), sono sei i segni con cui si manifesta questo tipo di dipendenza:

  • intenso desiderio o compulsione all’assunzione di oppiacei
  • difficoltà nel controllo del consumo di oppiacei
  • stato di astinenza fisiologica
  • tolleranza agli oppiacei
  • rifiuto crescente di piaceri o interessi alternativi oltre al consumo di oppiacei
  • assiduità nel consumo di oppiacei, nonostante l’evidenza di conseguenze dannose per l’organismo.
  • La dipendenza da oppiacei rappresenta anche un problema sanitario mondiale.

Secondo le statistiche, infatti, nel mondo sono almeno 15,6 milioni le persone che fanno uso di oppiacei, 11 milioni delle quali assumono eroina, ed è un consumo in crescita a livello globale.1

Cos’è un oppioide?

L’oppio, conosciuto fin dall’antichità, è considerato e usato come una sostanza medicinale per i suoi effetti analgesici, antidiarroici e per la regolazione del sonno. Molti dei suoi principi farmacologicamente attivi derivano dal papavero dell’oppio (papaver somniferum), come la morfina, la codeina, la papaverina, la tebaina e la noscapina. Con il termine “oppiacei” si indicano, invece, le sostanze naturali o sintetiche che possiedono effetti farmacologici simili a quelli della morfina. La morfina è l’oppioide più conosciuto. È un potente narcotico e analgesico, uno dei più efficaci per alleviare il dolore. Genera anche un senso di soddisfazione e di benessere, riducendo l’ansia e l’agitazione.

Con la scoperta della struttura chimica della morfina, nei primi del Novecento, sono stati sintetizzati numerosi composti sintetici o semi-sintetici che riproducono le proprietà positive degli oppiacei, riducendone gli effetti collaterali, come la potenziale dipendenza, la nausea e il vomito.2

Dipendenza da oppiacei come malattia
del cervello?

La dipendenza da oppiacei, come la tossicodipendenza in generale, è spesso stigmatizzata. Chi si droga è visto come una persona debole, priva di forza di volontà personale e di autocontrollo. Grazie ai progressi scientifici sulla comprensione dei meccanismi biologici legati alla dipendenza, invece, si è visto che, indipendentemente dai motivi che spingono una persona a fare uso di oppiacei, le alterazioni neurologiche che ne derivano rappresentano una condizione medica cronica vera e propria.

Gli oppioidi, infatti, modificano la chimica del cervello e alterano la sua funzione e sono effetti che persistono anche dopo aver sospeso l’uso di queste sostanze. La dipendenza somiglia, quindi, sempre più a un processo patologico autonomo piuttosto che a una scelta o a una debolezza dell’individuo.1

Danni, conseguenze e astinenza

La dipendenza da oppiacei comporta inevitabilmente un peggioramento della qualità della vita.
Il tempo non è più dedicato ad attività come il lavoro, i rapporti sociali e familiari, ma quasi esclusivamente alla ricerca e al consumo di queste sostanze. Oltre alle inevitabili conseguenze sulla psiche, chi fa uso di oppiacei può trovarsi coinvolto anche in attività criminali e rischiare di essere contagiato da virus come l’HIV e l’HCV (epatite C).

L’assunzione di droga per via iniettiva è, infatti, responsabile dell’80% dei casi di HIV in alcuni Paesi dell’Europa orientale e dell’Asia centrale e del 90% dei nuovi casi di epatite C nel mondo.1

L’uso di oppiacei innesca poi rapidamente quello che viene definito “meccanismo della tolleranza”. In altre parole, l’organismo si abitua alla presenza di tali sostanze e gli effetti fisiologici e psicologici dati dagli oppiacei diminuiscono a parità di dose. L’individuo è quindi costretto ad assumere dosi sempre più elevate di droga per ottenere gli effetti desiderati e per non andare incontro ad astinenza. La tolleranza porta quindi a una dipendenza fisica e psicologica; invece di assumere la droga per stare bene, si è costretti ad assumerla per non stare male.

L’astinenza diventa quindi difficile da gestire, poiché comporta sofferenza sia fisica, sia psichica. Dopo 36 ore dall’ultima assunzione, compaiono sintomi come agitazione, pelle d’oca, lacrimazione, crampi addominali e diarrea. È difficile capire le cause di una dipendenza. Possono esserci fattori di rischio di tipo genetico, altri invece possono dipendere dal temperamento o dalla presenza di disturbi psicologici e psichiatrici.

Tuttavia, il contesto sociale, la famiglia, i gruppi dei pari, la scuola e la comunità in generale giocano senz’altro un ruolo di rilievo nello sviluppo di una dipendenza.2

Il cinema che racconta la droga

Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Christiane F. – Wir Kinder vom Bahnhof Zoo)3,4

Il film del 1981, diretto da Uli Edel, è ispirato a una storia vera, quella della tredicenne Christiane F. che divenne eroinomane a 13 anni. Il suo “battesimo” alla droga avviene durante il concerto berlinese di David Bowie, in cui Christiane inala la sua prima dose insieme a un gruppo di amici.

Il giorno del suo 14° compleanno prova, invece, l’eroina in vena e non passa molto tempo prima che arrivino l’astinenza e il bisogno di una nuova dose. Drogarsi è per Christiane una specie di iniziazione per essere ammessa nel gruppo, per diventare grande e scoprire se stessa.
Gli altri ragazzi, per comprarsi la droga, si prostituiscono nella zona di Bahnhof Zoo e la prima volta di Christiane è per 100 marchi, i soldi necessari per comprarsi l’eroina. Convinta di poter gestire la sua  dipendenza, la ragazza scivola presto in una spirale che non controlla. Il gruppo di amici è solo un rifugio per le proprie fragilità che propone lo sballo della droga per risolvere la difficoltà ad affrontare la vita.

Sullo sfondo c’è la periferia di Berlino con i suoi casermoni o le zone degradate come la Stazione e la metropolitana. Ambienti poco ospitali, che non facilitano i rapporti umani.

Figlia di una donna separata, il rapporto di Christiane con la madre non è facile. Anche se apparentemente indifferente alla vita della figlia, sarà la madre a salvare Christiane dalla droga. Dopo il tentato suicidio per overdose, la manderà a vivere in campagna, lontano dalla metropoli e dalle sue tentazioni.

Tratto da una storia vera, il racconto nasce dalle deposizioni della minorenne Christiane F. (Christiane Felscherinow) coinvolta in un processo del 1978. Il testo fu scritto da due giornalisti del settimanale tedesco Stern, che hanno trasformato due mesi di interviste in un libro, diventato poi un film.

Ben is back5,6

Del 2018, il film diretto da Peter Hedges racconta la storia del diciannovenne Ben Burns che vive in una comunità per tossicodipendenti e decide di tornare a casa per le vacanze di Natale. La madre Holly Burns (Julia Roberts) lo accoglie con gioia, passa più tempo possibile con lui, ma i buoni propositi di Ben di uscire dalla dipendenza e riprendersi la vita si scontrano con il passato. L’incontro con il suo ex spacciatore, infatti, lo porta a cedere alla tentazione e a drogarsi nuovamente.

Ben is back racconta il difficile rapporto tra una madre e suo figlio, alla ricerca di un nuovo equilibrio e di una nuova riconciliazione, anche con se stessi.

La strada per costruire una diversa relazione tra i due è dolorosa e faticosa, condizionata dalla droga che altera ogni percezione. Ma nel finale del film si intravede la luce della speranza, perché proprio nel momento in cui Ben decide di suicidarsi con un’overdose, la madre lo trova e riesce a rianimarlo. Ben sopravvive e l’ultima scena mostra madre e figlio che si guardano negli occhi, in uno sguardo più eloquente di mille parole.

Onora il padre e la madre7

Diretto da Sidney Lumet nel 2007, il film, ambientato a New York, racconta la storia di due fratelli, Andy e Hank che, sommersi dai debiti e disperatamente in cerca di denaro, decidono di rapinare la gioielleria dei genitori.

Assoldano un malvivente, Bobby, per agire al posto loro, ma nella sparatoria Bobby viene ucciso, mentre la madre dei due fratelli finisce in coma. Il padre, Charles, non si dà pace e cerca giustizia. I due cercano di gestire la situazione, ma Andy è un eroinomane e si rifugia nella droga, mentre Hank è ricattato dai parenti di Bobby.

Da quel momento tutto precipita. I due fratelli, in un crescendo dalle tinte drammatiche, si trovano coinvolti in una serie di omicidi in cui Andy rimane ferito e Hank riesce a fuggire. Il padre, che capisce come sono andate le cose, una volta in ospedale, uccide il figlio soffocandolo con un cuscino. È un film che racconta senza pietà l’ipocrisia di una famiglia che diviene un vero e proprio campo di battaglia. Non si salva nessuno, infatti, in questo film: padri, madri, fratelli, mariti e mogli, tutti sono pronti a rinnegare chiunque per raggiungere i propri scopi.

La 25ª ora8

Film del 2002 diretto da Spike Lee, è tratto da un romanzo di David Benioff ed è ambientato nella New York post 11 settembre.

Il protagonista, Monty Brogan, è uno spacciatore di droga mentre il padre, James, è un vigile del fuoco in pensione che ripensa spesso ai colleghi morti durante l’attacco alle Torri gemelle.
Ha scelto “i soldi facili”, ma viene condannato a sette anni di carcere, dopo che la polizia scova nel suo appartamento molti contanti e un chilo di eroina. Decide allora di vivere l’ultimo giorno di libertà in compagnia dei suoi amici e della sua fidanzata, ma in discoteca non si diverte. Ha paura, sa che non reggerà la violenza del carcere, teme per la sua vita. Ma non ha scelta, la mattina saluta tutti e sale in auto col padre, per entrare in carcere.

Il padre però non si dirige verso il penitenziario e intraprende un viaggio in una metaforica venticinquesima ora, quella differenza che consentirà a Monty, in una realtà irreale, di rifarsi una vita, di rimediare ai suoi errori e di riflettere sul proprio destino.

Il sogno si infrange, lasciando il posto al destino di Monty che si compie e alla consapevolezza che è necessario pagare per quello che ha fatto.

Bibliografia

1. Linee guida per il trattamento farmacologico e psicosociale della dipendenza da oppiacei, World Health Organization, Pubblicato  all’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2009 con il titolo “Guidelines for the psychosocially assisted pharmacological treatment of opioid dependence”.
2. I. Maremmani, M. Pacini, P.P. Pani (per conto del Gruppo incontri pisani di formazione), Fondamenti di tossicodipendenza da oppiacei. Un compendio per medici, Pacini Editore Medicina.
3. https://it.wikipedia.org/wiki/Christiane_F._-_Noi,_i_ragazzi_dello_zoo_di_Berlino
4. https://www.cinemadelsilenzio.it/index.php?mod=film&id=50
5. https://it.wikipedia.org/wiki/Ben_is_Back
6. https://www.cinematographe.it/rubriche-cinema/focus/ben-is-back-spiegazione-finale-film/
7. https://it.wikipedia.org/wiki/Onora_il_padre_e_la_madre
8. https://it.wikipedia.org/wiki/La_25%C2%AA_ora_(film_2002)